Come la Riforma dello Sport innova la disabilità

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In breve

Il legislatore ha colto l’occasione della riforma per intervenire anche nel settore paralimpico, garantendo diritti a tutti gli atleti

Una vera rivoluzione, o forse meglio, una giusta conquista sociale è quella che il legislatore si accinge a realizzare con la cosiddetta Riforma dello Sport, che si appresta a produrre i propri effetti a partire dal 1° gennaio 2023, nei confronti degli atleti paralimpici.

Il decreto legislativo n. 36/2021 contiene, infatti, un apposito titolo, il VI (artt. 43-50), rubricato “Disposizioni in materia di pari opportunità per le persone” e diviso in due capi, che trattano l’attività sportiva che anche gli atleti paralimpici potranno svolgere all’interno dei Gruppi sportivi dei Corpi civili e militari dello Stato. Saranno così istituite apposite sezioni presso le Fiamme Azzurre, Fiamme Oro, Vigili del fuoco, Difesa e Fiamme Gialle, per permettere di praticare lo sport al massimo livello e al fine di curare, per il meglio, lo sviluppo tecnico agonistico.

Per quanto riguarderà le concrete modalità di gestione ed organizzazione delle Sezioni paralimpiche, il decreto rimette la loro disciplina a specifici regolamenti che saranno adottati, in una fase successiva, dai soggetti posti al vertice del rispettivo Corpo. Il reclutamento nei gruppi sportivi civili sarà compiuto mediante pubblico concorso, trattandosi in definitiva di pubblico impiego, e, pertanto, i suoi requisiti e le sue modalità saranno stabiliti da un apposito decreto del Ministero dell’Interno, che dovrà essere emanato entro tre mesi dall’entrata in vigore del testo legislativo; mentre per il gruppo dell’esercito dal decreto del Ministero della Difesa.

In questo modo vi è la piena equiparazione tra atleti normodotati e atleti paralimpici sotto il profilo economico, previdenziale e contributivo e sono inoltre riconosciute le medesime qualifiche e la stessa progressione di carriera, nei gruppi civili. Sono così previste delle concrete possibilità di reimpiego futuro nel Corpo di Polizia penitenziaria, Polizia di Stato, Vigili del Fuoco, una volta terminata la carriera agonistica, ed anche per i gruppi militari, riguardo ai quali, infatti, è stabilita la valorizzazione dell’esperienza acquisita all’interno del gruppo sportivo militare per l’accesso ai ruoli del personale civile del Ministero della Difesa o del Ministero dell’economia e delle finanze.

Più in generale, l’art. 50 prevede che l’attività svolta da atleti paralimpici, che siano stati tesserati presso i suddetti gruppi sportivi militari o gruppi civili dello Stato, maturato un periodo di almeno tre anni, permetterà loro di ottenere un titolo preferenziale nell’ambito delle assunzioni obbligatorie che sono regolate dall’art. 3 della legge n. 68/1999 (quote riservate all’assunzione di personale affetto da disabilità).

E difatti il primo di questi decreti è stato emanato il 21 settembre 2022 e porta la firma del Capo della Polizia, con cui è stato indetto un concorso pubblico per reclutare 14 atleti riconosciuti di interesse nazionale e paralimpico dal Comitato Italiano paralimpico, i quali saranno inquadrati come agenti e assistenti tecnici del personale della Polizia di Stato. Si auspica allora che ulteriori bandi seguano presto, una volta che il decreto legislativo sarà entrato, a tutti gli effetti, in vigore.

Si evince quindi che il tema della disabilità e dello sport paralimpico sia proprio il dettaglio che rivela, più chiaramente, l’obiettivo perseguito dal legislatore statale in tema di sport e propriamente lavoro sportivo. È evidente infatti come la ratio sottesa alla riforma sia stata quella di riordinare una serie di posizioni e di riorganizzare a più livelli l’attività sportiva: così la parificazione tra atleti paralimpici e normodotati, ma anche il superamento della netta distinzione tra atleti professionisti e dilettanti e la decisa promozione della parità di genere.

Quanto sopra in perfetta sinergia con il nuovo art. 33 della Costituzione che riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva, questa volta per davvero, in tutte le sue forme.

Si auspica quindi il completamento di questa apertura, assicurando la totale inclusione e consentendo magari la piena realizzazione del diritto allo sport anche per quei soggetti affetti da disabilità che però svolgano semplicemente attività sportiva di base. Per tale categoria, sul piano internazionale ed unionale, sono già presenti normative e raccomandazioni agli Stati, affinché applichino a livello nazionale i principi fissati in atti quali la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Tali atti sicuramente potranno assurgere da punto di partenza per un ulteriore intervento del legislatore al fine di attuare concretamente il diritto allo sport, senza alcuna distinzione, fin dalla più giovane età.

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